Lucia Ghirardi

Pittrice

Lucia Ghirardi

Pablo Picasso, grande interprete del Novecento di Lucia Ghirardi (Parte 1 di 3)

Con questo articolo il mio intento è quello di promuovere la cultura attraverso questo grande Artista, rendendola leggibile e fruibile da parte di tutte le persone nella convinzione di contribuire alla crescita culturale e sociale della nostra civiltà.

Ho deciso di parlare di questo Artista in particolare per la significativa panoramica delle molteplici tecniche da lui adottate e dei diversi soggetti da lui preferiti.

Le diverse fasi del suo percorso artistico, rispecchiano, inoltre, i movimenti culturali oltre che i cambiamenti civili e sociali del secolo scorso.

ll 25 ottobre 1881 a Malaga, in Spagna, nasce Pablo Ruiz Picasso, primogenito del pittore José Ruiz Blasco e Maria Picasso Lòpez.

Il padre insegna all’Accademia di Belle Arti San Telmo e lavora in qualità di curatore al Museo Civico di Malaga.

Picasso è stato in primo luogo un artista dalla complessa e fortissima personalità la cui intera esistenza è stata connotata dalla tensione inquieta per la ricerca.

Da qui scaturisce la novità della sua concezione artistica nonché delle sue opere intrise di quella perenne modernità dovuta alla sua capacità di porsi nell’alveo della tradizione pur con la consapevolezza di un inedito rimando a una metamorfosi evolutiva indirizzata alla ricerca.

L’ingegno novecentesco e rivoluzionario di Picasso, dirompente più di altre avanguardie, pone l’esigenza di conoscere a fondo un’arte inserita nel momento storico della sua concezione e realizzazione. Un’arte intrisa, però, della ricchezza dei grandi predecessori.

Un’opera come “Guernica” rappresenta davvero l’opportunità di leggere un linguaggio del tutto inedito quanto ardito e molto innovativo, un potente messaggio di libertà ed umanità.

Solo un grande Artista coma Picasso poteva permetterci di rivivere, al di là delle barriere dei tempi, la mutevole potenza dalla sua opera.

Pablo Picasso ha sempre coltivato rapporti senza ambiguità con i suoi amici e i suoi intimi, ha vissuto cercando di dare alla famiglia e agli amici sostegno ed affetto.

La sua felicità nei confronti di chi gli era vicino dimostra l’importanza che attribuiva alla vita, al dialogo e ai legami che uniscono e che separano gli esseri umani.

Nel suo modo di fare arte è di fondamentale importanza la libertà d’espressione essenziale alla creazione dell’opera.

Nel 1900 Picasso decide di lasciare Barcellona per trasferirsi a Parigi, il cui ambiente creativo gli è propizio: qui definirà nuovi concetti e troverà al contempo nuovi modi di espressione plastici ed estetici.

Nel 1907 scoppia la sua rivoluzione, “Les demoiselles d’Avignon” che segna la storia delle innovazioni artistiche che si verificano in momenti chiave corrispondenti ai bisogni ed alle aspettative della società.

Lo spazio della creazione è ridefinito e genera ciò che oggi chiamiamo il cubismo, anche se Picasso continua a seguire e a tener sempre presenti le opere dei grandi maestri del passato.

Con “La colombe de la paix”, Picasso trasfonde nella sua opera l’impegno per la pace, in quanto lui è “un uomo, un pittore”.

André Villers, prima di incontrare Picasso, aveva avuto un primo approccio alla fotografia e sognava di partecipare a qualche mostra fotografica. Pablo non cercò di distoglierlo dalla fotografia ma gli trasmise l’importanza della pittura che mostrava tutte le facce di un soggetto, corpo o oggetto che fosse.

André Villers scattò le prime foto a Picasso il quale gli comperò una nuova e fiammante Rolleiflex esclamando: “Ora sì che sei un vero fotografo!”.

La Parigi che Picasso dipinge tra il 1904 e il 1906 è la città dei poveri e dei diseredati, arenati come detriti nel flusso del futuro.

Con il cubismo Picasso segna il passaggio alla formazione di un nuovo ordine pittorico. Fu Picasso ad aprire la strada ad una serie di scoperte al di fuori del canone occidentale e culminate nell’opera che scandalizzò gli amici e cambiò il corso dell’arte occidentale: “Les demoiselles d’Avignon”.

Nel 1904, quando Picasso si stabilì a Parigi, aveva una conoscenza profonda ed estesa dei fondamenti classici dell’arte, in particolare del disegno. La sua maestria tecnica nel delicato disegno per contorni era già straordinaria.

Solo in seguito l’esperienza umana della città, intesa come una serie di prospettive mutevoli che insieme costituivano la totalità, divennero parte integrante della sua arte.

Picasso aveva deciso a questo punto di concentrarsi sul disegno, sul linguaggio della linea.

Egli aveva imparato a disegnare inizialmente dal padre che gli aveva impartito lezioni e fornito gli strumenti del mestiere, e soprattutto lo aveva fatto studiare all’Accademia Reale di San Fernando a Madrid.

Picasso guardava ora a Poussin, maestro del linearismo scultoreo. Egli analizzò inoltre lo stile più ardito di Henri de Toulouse-Lautrec, di Pierre Bonnard e di Eduard Vuillard, artisti che avevano attentamente studiato l’uso decorativo della linea.

L’opera di questi maestri faceva parte del bagaglio culturale che Picasso portò con sé a Parigi.

L’arte di Picasso aveva le sue radici proprio in quelle convenzioni accademiche della rappresentazione la cui decostruzione divenne ora il tema della sua opera.

Il fulcro del sistema classico era costituito dalla figura. La profonda conoscenza che Picasso aveva della figura (in specie di quella femminile e della testa) venne quindi ad identificarsi con la conoscenza della pittura stessa.

Nel corso di tutta la sua vita, Picasso attinse liberamente all’intera storia dell’arte, utilizzando elementi tratti dalle più varie fonti.

Alla fine del 1907 Picasso scoprì l’arte africana.

Picasso prese a modello Cézanne, tornò allo studio del nudo secondo il sistema delle analogie insegnato nell’accademia e alle concezioni implicite nel disegno, determinato dall’esempio di Cézanne a trovare una nuova, personale strategia pittorica.

Nel 1906 l’artista realizzò una serie di studi utilizzando diverse tecniche: olio, gouache, carboncino, penna, matita (talvolta usate contemporaneamente) e selezionando o mescolando differenti stili, dal linearismo, alle macchie di colore degli impressionisti, alle pose e alle composizioni figurali di Cézanne.

All’inizio del 1907, sotto l’influenza dell’arte africana, Picasso trasformò gradualmente gli ovoidi volumetrici di queste figure attraverso una serie di disegni nei quali le linee rette si alternano a profili curvilinei. L’alternarsi di contorni piatti e arrotondati creano ora un ritmo di interruzione e continuità tra gli elementi della composizione.

Per Picasso questo linguaggio del disegno come “estetica autonoma” costituiva il linguaggio fondamentale dell’arte stessa, e infinitamente manipolabile.

La “bellezza” dipendeva dall’eleganza stilistica con cui si realizzava tutto ciò, e il criterio di misura era rappresentato dalla realtà e dagli esempi degli altri artisti (l’opera dei grandi maestri era anch’essa motivo di studio).

Il cubismo chiederà al pubblico di esaminare ogni oggetto all’interno di un’opera non da un unico punto di vista ma da una pluralità di prospettive, offrendo vedute simultanee frammentate.

“Les demoiselles d’Avignon” fu l’opera con cui Picasso dichiarò al mondo la propria rottura con le norme tradizionali e l’intenzione di collocarsi tra i grandi maestri moderni che avevano inventato la tradizione occidentale.

L’opera inscena un esplicito conflitto tra cielo e inferno, e Picasso la realizzò in due fasi distinte.

Picasso rimise mano a questo suo lavoro, maturando la transizione dal mondo del periodo blu simbolista attraverso lo stile di Cézanne a questa nuova visione demoniaca.

“Femme nue” è uno dei numerosi studi preparatori su carta e su tela per “Les demoiselles d’Avignon”.

Il colore ha qui un ruolo fondamentale, anziché sovrapporre il colore al sistema classico Picasso unisce le due cose, integrando il sistema grafico con il colore, che tende ad affermare la propria autonomia nello spazio, per farne un unico strumento.

Picasso evita di disegnare con il nero, i contorni aperti delle figure sono tracciati con il pennello in un verde bluastro scuro. Il suo opposto, la terra di Siena, è utilizzato per l’enfasi espressiva, mentre le ombre sono disegnate in blu, suggerendo il riflesso del cielo.

Il modello immediato della figura è da ricercarsi in Cézanne, il suo stile è una combinazione di Cézanne, di Gauguin e delle maschere africane studiate all’epoca dallo stesso Picasso.

Nel corso di questo periodo, Matisse e Picasso si studiarono reciprocamente con grande attenzione, passo dopo passo, in una rivalità che costituiva anche una forma di collaborazione.

Picasso e Matisse cominciarono a fare della forma il soggetto della loro pittura; i due artisti erano perfettamente consapevoli di essere gli iniziatori di qualcosa di nuovo.

Picasso per un certo tempo insistette nel dire che “Les demoiselles d’Avignon” era un’opera non finita.

Il quadro presenta una scena ambientata in un bordello a Parigi e le “demoiselles” sono dunque prostitute.

Picasso rimase colpito dalla presenza della sifilide nel mondo della prostituzione. Terrorizzato dalla malattia, egli ne era al contempo affascinato.

L’incubo della possibilità di sperimentare in prima persona le devastazioni fisiche comportate dal peccato è proiettato nell’imposizione di maschere di terrore sui volti delle “demoiselles”.

Il quadro inizia con l’esame di una singola figura da diversi punti di vista, un metodo che Picasso aveva appreso nei corsi di disegno dal vero, in cui gli allievi dovevano spostarsi per studiare la figura e disegnare diverse vedute, talvolta sino a otto, della stessa posa.

I contorni continui del periodo rosa e del periodo blu lasciano il posto a linee volumetriche rozze, alcune piatte, altre curve, che si ripetono in tutta la composizione.

Nelle “Demoiselles” la ripetizione delle figure crea attraverso e intorno a esse un motivo di aree ovali lineari e piatte in cui sfondo e figura, positivo e negativo sono ora trattati come eguali, intercambiabili, come elementi che operano allo stesso livello e sono sottoposti alla stessa pressione da parte della superficie.

L’inversione tra aree positive e negative nelle xilografie indica che Picasso aveva in mente l’immagine allo specchio, ma rafforza l’impressione che queste donne siano figure oscure che emergono dalla profondità della sua psiche.

L’apparente instabilità unita al dualismo che le caratterizza fa di quest’opera, un’opera “moderna”.

Il trucco sgargiante delle prostitute, trascritto nella magica espressività delle maschere africane innesta nei volti una diabolica caricatura del canone della bellezza occidentale

Le prostitute sono il doppio di Picasso, incarnano la sua attrazione e la sua repulsione, la paura della sifilide e l’attrazione sessuale. La prima reazione a questo quadro fu quello di considerarlo uno scherzo grottesco.